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Pochi conoscevano Valeria Mancinelli prima del 2018. E tanti si sono meravigliati quando la City Mayors Foundation l'ha insignita del titolo di miglior sindaco del mondo. Certo non i suoi concittadini di Ancona, che l'hanno vista risollevare dalla crisi il capoluogo marchigiano con determinazione e creatività. Un buon sindaco preferisce la soddisfazione del lavoro quotidiano alle luci dei riflettori, il coinvolgimento dei cittadini alle passerelle in televisione, lo sguardo di lungo termine al consenso immediato. Un buon sindaco non ha ricette segrete e non inscena trucchi da prestigiatore: sta con i piedi nella terra melmosa e fertile della realtà. E, in questa sorta di perenne emergenza, amministrare la realtà di una città italiana è uno dei compiti più difficili che si possano immaginare. Viviamo in un Paese che rende rivoluzionari, o eretici, proprio i principi più semplici: dire che servono persone competenti per fare bene le cose, per esempio; o che, prima o poi, bisogna assumersi la responsabilità di decidere. Il libro di Valeria Mancinelli, scritto con il suo assessore alla cultura Paolo Marasca, non è solo il racconto dell'avventura amministrativa che ha fatto di Ancona un modello per tutti, ma anche un inno alla pratica della politica, contro le fissazioni e le ossessioni ideologiche di chi parla e critica ma non ha mai il coraggio di agire davvero. Perché in tempi di cambiamento continuo e impetuoso, occuparsi della cosa pubblica è come condurre una nave in tempesta, negli abissi che separano politica e realtà.